1a parte: Domande e Risposte con i nostri “archistar”

Scopriamo qualcosa di più sui principali architetti del nuovo progetto #DGEVOLUTION

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aprile 2017

Tempo di lettura: 0 min

Originario della Northern Florida, Steven Harris è il socio fondatore dello studio Steven Harris Architects LLP di New York. Ha studiato al New College, alla Rhode Island School of Design e alla Princeton University. Attualmente è professore di Architettura a Yale, dove ha insegnato per più di 25 anni; in precedenza aveva collaborato con le università di Princeton e Harvard.

 

Dalla fondazione dello studio Steven Harris Architects nel 1985, si è occupato di una grande varietà di progetti residenziali, commerciali e istituzionali, con una particolare attenzione alle potenzialità architettoniche del settore residenziale. Sotto la sua direzione lo studio ha realizzato progetti a New York, in Connecticut, New Jersey, Florida, California e altre aree degli Stati Uniti, in Messico, Sud Africa, Costa Rica e Croazia. La diversità è il tratto distintivo del suo lavoro è prolifico ed innovativo, e per questo dal 2008 Harris è entrato a far parte della Interior Design Hall of Fame.

Qual è la politica progettuale del vostro studio?

 

Da venticinque anni il luogo è la principale fonte di ispirazione per gran parte del nostro lavoro. Una villa su un’isola della Croazia è molto diversa da un attico a Manhattan o da una casa sull’oceano a Southampton o da un rifugio per la famiglia sulle colline della Napa Valley. Analogamente, una boutique Dolce&Gabbana a St. Barth è molto diversa da un flagship store in Rodeo Drive o da un negozio in Madison Avenue. Il nostro lavoro parte dall’analisi e dalla comprensione del luogo.

Come descriverebbe il suo stile distintivo?
Che cosa la contraddistingue da altri architetti con uno stile simile?

 

Il Su misura. Ogni progetto è diverso perché diversi sono l’opportunità e il contesto. C’è comunque una certa coerenza di precisione in tutti i nostri progetti: una sorta di rigore per cui ogni aspetto progettuale è calibrato in modo da sostenere il tutto ed è spesso specifico per ogni singolo progetto. Abbiamo una certa predisposizione a flirtare con l’anonimato. Ci interessa di più creare progetti che sembrino precisi, naturali e inevitabili che sbandierarne la paternità.

Come avete strutturato l’approcio al progetto della boutique di St. Barth?

 

Scoprire che ho in comune con Domenico la fascinazione per i motoscafi Riva è stata una vera gioia. Questo, e l’interesse comune per Giò Ponti, i razionalisti italiani e Fornasetti hanno ispirato il negozio di St. Barth. Il corrimano della scala evoca la poppa di un Aquarama, le pareti in lumachella tagliata sono ispirate all’architettura dell’isola caraibica. Il pavimento richiama al contempo quello di Casa Malaparte e di Villa Planchart di Giò Ponti. Il negozio Dolce&Gabbana di St. Barth aspira ad essere naturalmente casual ed eccezionalmente chic.

Che sensazione ha provato nel lanciarsi in questo nuovo percorso internazionale che Dolce&Gabbana hanno avviato?

 

Penso che sia una strategia brillante. Proprio come la recente sfilata Autunno/Inverno 2017-2018 che ha visto in passerella i DG Millennials, il nuovo percorso rispecchia un senso di vita vera più che una tendenza momentanea. I luoghi sono diversi, i negozi possono essere diversi. La nuova direzione permette di inserire elementi di conoscenza nell’esperienza dello shopping per cui diventa più sociale, quasi intima, e intensamente locale.

Come ha trovato l’equilibrio tra creare qualcosa di nuovo per il marchio e mantenere il legame con le radici della sua identità? 

 

One of the most amazing things about the Dolce&Gabbana DNA is the extraordinary depth and (like anyone’s DNA) the number of apparently contradictory parts it has. Domenico Dolce is phenomenally knowledgeable about everything related to design. He is familiar with even the most arcane examples of Italian Rationalist Architecture from the mid-twentieth century as well as the most extravagantly elaborate villas of Sicily. The identity of Dolce&Gabbana is so rich and complex that one imagines virtually endless opportunity for invention.

Che cos’è il lusso per lei? 

 

La fattura artigianale. Quando qualcosa ha una squisita fattura artigianale, è realizzato con precisione e con grande orgoglio, può diventare veramente lussuoso. Per me, una Porsche 356 Carrera Speedster con un motore a quattro cilindri progettato da Fuhrman è puro lusso.

Ha un legame speciale con il luogo in cui sorgono i nuovi negozi?

 

Essendo cresciuto in Florida negli anni Cinquanta, ho passato molto tempo in barca. Mio padre aveva un’ossessione per la pesca sportiva e siamo stati spesso ai Caraibi. Il mondo della marina e dei moli, dei dinghy e dei tender erano una componente dello scenario quotidiano e di una cultura tendenzialmente rilassante. Per Madison Avenue abbiamo progettato molte townhouse e appartamenti a cinque isolati dal negozio e conosciamo intimamente la clientela e il quartiere. Per Rodeo Drive, ho un forte legame con Los Angeles (ho una casa a Palm Springs) e recentemente abbiamo ultimato un radicale intervento di riprogettazione della maggior parte dei grandi magazzini Barneys dietro l’angolo di Wiltshire Boulevard.

 

Prossimamente le nostre Q&A con Eric Carlson di Carbondale Studio… Rimanete sintonizzati!